Le pinete a Pino d’Aleppo. Ecologia e botanica
Appunti sugli aspetti vegetazionali delle pinete a Pino d’Aleppo
Pini d’Aleppo sulle scogliere del Gargano – Foto Colazilli
Tra gli alberi più emblematici delle contrade mediterranee vi sono, indubbiamente, alcune specie di Pini (genere Pinus, famiglia Pinaceae), che edificano consorzi forestali di notevole interesse naturalistico. L’uomo li utilizza frequentemente sia nei rimboschimenti, creando pinete artificiali, sia come piante ornamentali nei viali, parchi e giardini. In Italia i pini mediterranei autoctoni sono il Pino d’Aleppo (Pinus halepensis) e il Pino marittimo (Pinus pinaster); introdotto invece da tempi remoti è il Pino domestico (Pinus pinea).
Il maggiore “temperamento” mediterraneo è mostrato dal Pino d’Aleppo, ad areale circummediterraneo; le sue formazioni sono presenti dal Nordafrica (principalmente Tunisia, Algeria, Marocco) all’Europa meridionale e mediterranea (Spagna, Francia, Italia, ex-Jugoslavia, Albania, Grecia) ed ai Paesi dell’Asia Minore (Turchia, Libano, Siria, Israele). Queste pinete, a dispetto del nome del Pino che le edifica, sono più estese nella sezione sud-occidentale del bacino del Mediterraneo. Altimetricamente, sono presenti dalle coste agli orizzonti montani, come accade nell’Atlante Sahariano, dove raggiungono i 1500 metri.
In Italia la distribuzione del Pino d’Aleppo risulta molto frammentata, con formazioni più o meno relitte ed accantonate, generalmente lungo le coste (Caneva et al., 1998). Secondo la maggior parte degli Autori, è indigeno almeno per vari settori, come la Liguria, l’Umbria, la Puglia, la Sicilia e la Sardegna, ma vanno emergendo sempre più evidenze (di carattere strutturale, dinamico, storico, ecc.), che proverebbero il suo indigenato anche per altre regioni come l’Abruzzo, il Lazio e la Campania. È indifferente al tipo di substrato, pur mostrando una predilezione per il calcare. Il suo optimum climatico è quello della fascia mediterraneo-arida, con più prolungata siccità estiva, caratterizzata da macchie a Lentisco, Carrubo e Oleastro. È diffuso anche nelle aree mediterranee meno calde e aride, con macchia a Leccio. In molti casi penetra anche nell’area submediterranea dei querceti termofili di caducifoglie, come in Umbria, fra Terni e Spoleto, dove raggiunge, per l’Italia, le quote più elevate (800-850 m) (Pedrotti, 1982). Pinete a Pino d’Aleppo molto belle sono quelle del Gargano e delle Isole Tremiti, sviluppate in aree rupestri, su terreni poco evoluti ed in forte pendenza; quelle insediate sugli antichi cordoni dunali del Mar Jonio, tra la Puglia e la Basilicata; quelle della Sicilia e della Sardegna.
Pini d’Aleppo sulle scogliere del Gargano – Foto Colazilli
Le pinete a Pino d’Aleppo sono molto aperte e luminose, e ciò spiega l’esuberante sviluppo della macchia al loro interno. In ambienti rupestri nel sottobosco si associano spesso anche piante della gariga, come il Rosmarino, gli Elicrisi ed i Timi. In Abruzzo è presente lungo tutta la costa e nella fascia collinare dove, data la sua grande plasticità ecologica e la sua frugalità, nonché il suo indubbio valore estetico, è stato ampiamente diffuso dall’uomo nei rimboschimenti e a scopo di arredo verde nei viali cittadini, lungo le strade extraurbane, nei parchi e nei giardini. Il nucleo più conosciuto, che è solo in parte seminaturale ed è interessato da vari interventi di impianto antropico, è quello della Riserva Naturale Regionale “Pineta Dannunziana”, che costituisce ciò che resta di una antica, estesa, documentata selva costiera con Pini e altre piante mediterranee. Vi sono poi diversi nuclei di pineta nella fascia collinare della regione (Pirone, 1985). Le notizie storiche e di carattere ecologico fanno ipotizzare, in modo sufficientemente attendibile, che in Abruzzo, almeno in alcune aree, il Pino d’Aleppo sia autoctono (La Fata, 1997-98; Damiani, 2007; Cianfaglione e Di Felice, 2012).
Per quanto concerne gli aspetti vegetazionali del Pino d’Aleppo in Italia, i vari studi di carattere fitosociologico, relativi soprattutto all’Italia meridionale, alla Sicilia ed alla Sardegna (De Marco et al., 1984; De Marco e Caneva, 1984; Bartolo et al., 1985; Corbetta et al., 2004; ecc.) hanno permesso di identificare diverse associazioni vegetali, in funzione delle caratteristiche pedologiche e del gradiente geografico. Una di queste associazioni è tipica dei suoli a reazione acida ed è quindi caratterizzata da diverse specie acidofile come il Corbezzolo (Arbutus unedo), l’Erica arborea (Erica arborea) e il Trifoglino erbaceo (Dorycnium herbaceum); questa tipologia di pineta è nota per la Sardegna ed il Cilento in Campania.
Vi sono poi le associazioni dei suoli basici, che si differenziano per la presenza del Trifoglino irsuto (Dorycnium hirsutum), dell’Issopo meridionale (Micromeria graeca), del Laurotino (Viburnum tinus), della Carice di Haller (Carex hallerana) e del Rosmarino (Rosmarinus officinalis). In seno ad esse, un ulteriore elemento di diversità è rappresentato dal substrato geologico. Per i litotipi carbonatici vengono riconosciute due associazioni: una presente sul Gargano, alle Tremiti, a Porto Pino in Sardegna e nel Cilento, l’altra relativa alle fitocenosi siciliane; quest’ultima si differenzia per la presenza del Timo arbustivo (Thymus capitatus), della Vedovina del Levante (Lomelosia brachiata = Tremastelma palaestinum) e della Globularia cespugliosa (Globularia alypum). Le pinete su substrato sabbioso sono riferite invece ad un’altra associazione, presente lungo la costa del golfo di Taranto tra la Puglia e la Basilicata e caratterizzata da una pianta erbacea molto diffusa in queste pinete, la Piantaggine biancastra (Plantago albicans).
Con riferimento all’Abruzzo, un primo cenno va fatto, innanzi tutto, alla citata Pineta Dannunziana. Qui il Pino d’Aleppo è presente con vari nuclei derivanti da rimboschimento, mentre i resti dell’antica selva autoctona sono rintracciabili quasi esclusivamente negli annosi esemplari che, sempre più rari, sono sopravvissuti nei vari comparti. Attualmente gli esemplari di Pino spontanei sono presenti, oltre che sui residui dossi sabbiosi sui quali si è affermata una gariga a dominanza di Cisti (Cistus salviifolius e Cistus creticus subsp. creticus), anche in una diffusa “matrice” vegetazionale rappresentata da un bosco misto a dominanza di Olmo campestre (Ulmus minor) e Alloro (Laurus nobilis). Questo bosco riveste, comunque, un’importanza fitogeografica non trascurabile, costituendo per la regione una tipologia inedita e presente, in modo poco diffuso, nella fascia collinare-subcostiera, in particolare lungo i profondi valloni perpendicolari alla costa chietina (Pirone et al., 2014). Il lauro-olmeto della Pineta Dannunziana costituisce un aspetto più termofilo, differenziato da numerose specie della macchia mediterranea quali Mirto, Rosa sempreverde, Smilace, Robbia selvatica, Asparago pungente, Alaterno.
Pini d’Aleppo sulle scogliere del Gargano – Foto Colazilli
Molto interessanti sono anche i nuclei di pineta collinari che, nel settore subcostiero, sono insediati sulle arenarie, a vario grado di coerenza, delle paleoscogliere. Si tratta di aspetti vegetazionali peculiari, diversi da quelli già citati per l’Italia meridionale, perché nel caso dell’Abruzzo l’ambito climatico è meso-mediterraneo, quindi meno caldo-arido. Le pinete abruzzesi sono, perciò, caratterizzate da una combinazione specifica che ne attesta l’autonomia rispetto alle pinete studiate per altri territori italiani e che sottolinea, in particolare, una vicarianza rispetto ai consorzi di territori più meridionali a carattere termo-mediterraneo (Allegrezza e Biondi, 2006; Pirone, in pubbl.). In queste pinete si distinguono due aspetti: uno, tipico, con il Caprifoglio etrusco (Lonicera etrusca) e l’Ampelodesma (Ampelodesmos mauritanicus); l’altro, mesoxerofilo, dei substrati sabbiosi con livelli di calcare e argilla, aspetto differenziato dal Laurotino (Viburnum tinus), dall’Orniello (Fraxinus ornus) e dal Lino delle fate minore (Stipa bromoides).
Nelle pinete della fascia costiero-collinare è quasi sempre presente anche la Quercia virgiliana (Quercus virgiliana), conosciuta anche con il nome di Quercia castagnara perché le sue ghiande sono poco tanniche, dolci e quindi eduli. Albero imponente, con chioma molto ampia, è strettissima parente della Roverella (Quercus pubescens), dalla quale si distingue per alcuni caratteri e in particolare per le foglie adulte glabre o poco pelose, con piccioli lunghi fino a 25 mm e ghiande ovali e grandi, fino a 30 mm di diametro.
Le pinete a Pino d’Aleppo, in conclusione, rivestono una notevole importanza sotto il profilo ecologico, biogeografico, paesaggistico e selvicolturale; esse inoltre rappresentano, in quanto spesso fitocenosi relittuali, un vero e proprio serbatoio genetico indispensabile per il mantenimento della biodiversità. E’ quindi indispensabile preservare l’integrità delle residue formazioni spontanee e gestire correttamente le pinete di impianto antropico, che costituiscono un grande patrimonio storico e naturalistico, ancora oggi minacciato dall’impatto derivante dall’indiscriminata urbanizzazione e dal turismo disordinato, a carico soprattutto delle zone costiere.
Prof. Gianfranco Pirone. Già Professore Ordinario di Geobotanica ed Ecologia Vegetale presso l’Università dell’Aquila.
Articolo pubblicato su Fratello Albero n.1 del 2015
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