L’allusivo Fico, simbolo di fertilità

L’allusivo Fico, simbolo di fertilità

 

“Sotto la nube

dispersa tra i cumuli,

al chiaro del giorno,

i fichi stanno riempiendosi

di latte bianco”

Makiko Kasuga

 

È uno degli alberi più famosi nell’ambito della dendroflora agreste, e non solo per la bontà dei suoi frutti, ma anche per i numerosi simboli, miti e tradizioni cui è legato. Il Fico delle nostre contrade (Ficus carica, famiglia Moraceae) è una delle oltre 800 specie del genere Ficus, che comprende alberi e arbusti diffusi per la massima parte nei paesi tropicali e subtropicali e spesso utilizzati come piante ornamentali per impreziosire i viali del Meridione. Il più famoso è il magnifico Fico magnolioide (Ficus macrophylla, originario dell’Australia) presente nell’Orto Botanico di Palermo, ma maestosi esemplari di questa specie, caratterizzata dalle grandi foglie sempreverdi e dalle radici aeree colonnari, abbelliscono i viali e le piazze di altre città meridionali: oltre a Palermo, anche Siracusa, Catania, Reggio Calabria, Cagliari ecc.

Da noi le specie più diffuse come piante ornamentali da interni sono Ficus benjamina e Ficus elastica, di origine asiatica: in natura possono raggiungere i 30 metri di altezza; coltivate in vaso nei nostri appartamenti non superano in genere i 2-3 metri.

Esemplare di Fico lungo un pendio rupestre della Valle del Tirino (G. Pirone)

 

La coltura del nostro Fico domestico risale a epoche lontane e la prima, celebre citazione compare nel libro della Genesi. I popoli del Medio Oriente attribuivano a questa pianta grande importanza: basti ricordare che la Terra Promessa era additata come luogo ricco di fichi. Gli Ateniesi lo consideravano un omaggio degli dei e le leggende tramandano che Romolo e Remo siano stati nutriti dalla lupa sotto un albero di Fico.

La mitologia greca, ma anche quella romana e di altre antiche civiltà è ricca di tanti altri riferimenti al Fico. Sarebbe troppo lungo riportarli tutti (dai miti greci di Dionisio e di Demetra alle Nonae caprotinae romane, dal Ficus sycomorus degli Egizi al Ficus religiosa di Siddharta, dalle foglie di Fico con cui si coprono Adamo ed Eva dopo il peccato al simbolo di fertilità nell’Antico Testamento) e quindi rimandiamo a quanto scrive autorevolmente Alfredo Cattabiani nel suo “Florario”.

 

Il Fico nelle Sacre Scritture. Mosaico del Duomo di Monreale.

 

Il Fico sacro (Ficus religiosa) di Siddharta

 

Il Fico ha ispirato anche numerosi modi di dire, alcuni dei quali non sono benevoli nei suoi confronti, quando viene considerato sinonimo di pocaggine. Il motivo non è ben chiaro (forse in passato era considerato un frutto di poco valore?). Ne sono esempi: “Fare le nozze con i fichi secchi” e “Non m’importa un fico secco!”. Altri modi di dire, opportunamente, lo citano con finalità positive. È il caso di “Serbar la pancia ai fichi”, che significa: non bisogna abbuffarsi con le prime portate perché poi ci saranno quelle più buone. E, trascurando i riferimenti più prosaici, oggi dire “fico” ad una persona è un bel complimento. Il Fico è anche protagonista di una divertente canzone degli anni ’30, “Lodovico”, portata al successo da Vittorio De Sica, che nel ritornello dichiara: “…Lodovico, sei dolce come un fico / più caro amico di te non ho”.

Guillaume Apollinaire così inizia una sua appassionata poesia: “ Soltanto il miele del fico ottobrino / ha la dolcezza delle vostre labbra…”. Ed Erica Jong (chi è avanti negli anni ricorderà sicuramente il suo romanzo “Paura di volare”, con cui negli anni ‘70 fece scalpore), così conclude la poesia “Fichi”: “…Un morso nel / fico maturo / vale mondi / e mondi e mondi / oltre il verde / dell’Eden”.

Arbusto o piccolo albero caducifoglio alto fino a 10 m, il Fico nostrano ha una corteccia liscia di colore grigio-cenerino, rami numerosi e contorti e chioma aperta e irregolare. Le foglie sono alterne, grandi (fino a 20 cm), molto ruvide superiormente e tomentose inferiormente, intere o con 3-5 lobi palmati, con picciolo robusto lungo fino a 10 cm; margine intero o dentellato. I fiori sono molto piccoli, unisessuali, portati in una stessa infiorescenza chiamata “siconio” (che a maturità costituisce il “fico”), formata da un involucro globoso-piriforme, carnoso e cavo, provvisto di una piccola apertura; il siconio a maturità è formato da numerosi piccoli acheni, ha colore variabile dal verde chiaro al violaceo al nero ed è lungo da 5 a 8 cm.

Nell’anno fiorisce per 3 volte: febbraio-marzo, maggio- giugno, settembre; i frutti maturano dopo 3-5 mesi dalla fioritura.  Specie termofila, allo stato spontaneo vegeta sulle pendici soleggiate, sulle rupi e spesso sui vecchi muri, fino a 800 m circa di altitudine. Non è raro, anche in Abruzzo, osservare esemplari di Fico crescere sulle pareti rupestri delle forre e dei valloni che incidono i fianchi dei monti. Il suo areale comprende i territori aridi e subaridi dal bacino mediterraneo all’Asia centrale. In Italia, presente originariamente solo nelle zone mediterranee, è stato ampiamente coltivato e si è naturalizzato in tutto il territorio.

I frutti del Fico hanno sempre costituito una fonte alimentare molto apprezzata in quanto ricchi di zuccheri e di sostanze azotate. Per la loro conservazione nel tempo vengono seccati al sole o in essiccatoi; i fichi secchi contengono fino a oltre il 50% di zuccheri. Il latice della pianta, irritante e tossico, era un tempo impiegato per eliminare verruche e porri.  I fichi hanno proprietà emollienti e lassative. In Abruzzo i fichi secchi (carracine), assieme a malva e altre erbe, sono utilizzati per preparare un decotto contro la tosse, anche come rimedio veterinario. Sulle gengive infiammate e sugli ascessi si poneva mezzo fico secco cotto nel latte; le foglie si applicavano sulle punture di api; il decotto di latte e fichi secchi è assunto come lassativo. Le foglie appassite erano ritenute un buon foraggio.

Siconi di Fico (S. Radivo)

 

Albero tra quelli maggiormente legati alle tradizioni agricole mediterranee, oggi viene coltivato, oltre che nel bacino del nostro mare, anche in molte regioni africane, in California, Messico, Cina, Nuova Zelanda e Australia. Si conoscono diverse centinaia di varietà coltivate, che si propagano per via vegetativa.

 

Un cenno alla particolare sessualità del Fico

La straordinaria biologia del Fico è caratterizzata da una grande complessità delle modalità di impollinazione e di maturazione dei “frutti” (che sono, in realtà, delle infruttescenze).

Nel Fico sono presenti due forme botaniche. Una forma, detta caprifico, pur avendo fiori maschili e femminili, funzionalmente svolge solo il compito di individuo maschile che produce il polline. Infatti nei fiori femminili vive una microscopica vespa (Blastophaga psenes) che trasforma gli ovari in galle; quindi la parte femminile è sterile. La presenza della forma caprifico  è necessaria  perché è un serbatoio di polline e costituisce  un “vivaio”  di insetti pronubi che nei suoi siconi si riproducono.

La seconda forma (forma sativa o domestica, cioè il fico vero) è la pianta che possiede solo fiori femminili (la cui morfologia non permette alle vespe di deporre le uova) e produce frutti eduli in quanto i suoi fiori sono fecondati dal polline trasportato dalle vespe che sciamano dai frutti del caprifico.

L’uomo ha selezionato una grande varietà di Fichi con frutti commestibili “partenocarpici” (cioè con frutti che maturano senza fecondazione), che oggi rappresentano la maggior parte delle piante coltivate.

 

Prof. Gianfranco Pirone

Botanico

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