La cura e conservazione degli alberi monumentali. Intervista all’agronomo Daniele Zanzi

Intervista a Daniele Zanzi, agronomo di fama internazionale

Tra i massimi esperti di alberi monumentali 

 

Abbiamo contattato il dott. Daniele Zanzi, noto agronomo di fama internazionale, tra i massimi esperti di alberi monumentali e stimato conoscitore e studioso della biologia e fisiologia degli alberi.  Lo abbiamo intervistato sulla cura, tutela e conservazione dei patriarchi della Natura. Siamo onorati di avere il Dott. Zanzi nel Comitato Scientifico del Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio.

 

Breve biografia di Daniele Zanzi

La laurea in Scienze Agrarie all’Università Cattolica di Piacenza a pieni voti con lode, che gli è valsa tra l’altro l’assegnazione del Premio Agostino Gemelli, è stata per Daniele Zanzi il trampolino di lancio in un’attività tecnica e scientifica intensissima e ricca di riconoscimenti e consensi. Ricercatore nel campo fitoiatrico prima e professionista nel campo della gestione del verde poi, si è distinto per aver saputo proporsi come trait-d’union tra il mondo accademico-divulgativo e quello tecnico-operativo, fondando nel 1982 la Fito-Consult a Varese. 
Membro dell’I.S.A. (International Society of Arboriculture) sin dal 1982, co-fondatore e presidente della sezione italiana, direttore di ISA Europa, membro del Board of Directors per 5 anni, Chair responsabile dello sviluppo internazionale dell’ISA per 5 anni, membro dell’Awards Committee, membro della Task Strategic Force.
Nel 1998 ricopre la carica di Presidente dell’European Arboricultural Council. Membro dell’ A.S.C.A. (American Society of Consulting Arborists – associazione che raggruppa i più qualificati professionisti e consulenti di arboricoltura del mondo).
È stato consigliere dell’ Ordine Provinciale dei Dottori Agronomi e dei Dottori Forestali di Varese sin dall’iscrizione all’albo – 1977 –  e vi ricopre la carica di Presidente fino al 2004, quando è eletto Consigliere Nazionale a Roma.
Autore di pubblicazioni scientifiche e tecniche nonché di testi tecnici e divulgativi;  apprezzato relatore in congressi, seminari, convegni nazionali ed internazionali – USA, Canada, Brasile, Australia, Regno Unito, Germania, Repubblica Ceca, Svezia, Norvegia, Danimarca, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Portogallo, Svizzera. Ha tradotto in italiano “Tree biology and tree care”, “A new tree vitality” e “Modern Arboriculture” di Alex Shigo e “Stupsi” di Claus Matteck. Autore dei libri ” Guida europea alla corretta  messa a dimora degli alberi” e “Alberi & Varese”
Ha organizzato e condotto numerosi seminari e workshop sulla biologia e cura degli alberi con i pionieri della “Moderna Arboricoltura”, tra i quali Alex Shigo, Katrin Joos, Claus Mattheck, Francis Schwarze, Donald Marx, Lothar Wessolly, Pius Floris, Ken Palmer.

Nel 1995 è stato premiato con l’Award of Merit da parte dell’Arbor Day Foundation – Stati Uniti – per il contributo dato al progredire dell’arboricoltura in Europa ed in Italia.
Nel 2001 ha ricevuto dalla National Arborist Association (USA) il Grand Award for Excellence in Arboriculture, che premia a livello internazionale il miglior progetto e lavoro di cura e manutenzione degli alberi.
Nel 2002 diventa Socio Onorario della Forestry Contracting Association – FCA – la prestigiosa e nota associazione britannica che riunisce i tecnici forestali ed arboricoli inglesi. Il Board of Directors dell’Associazione ha voluto riconoscere al dott. Daniele Zanzi l’impegno profuso nello sviluppo e nel progresso dell’arboricoltura europea.
Nel 2003 ha fondato il Modern Arboriculture Institute – M.A.I., istituto privato per la ricerca, lo studio e la divulgazione della moderna arboricoltura e nel 2004 ha fondato ArborMaster Training Italia, programma internazionale formativo per arboricoltori climbers.
Nel 2007 è accettato come socio effettivo dell’AIAPP – Associazione Italiana Architettura del Paesaggio.
Dal 2008 copre la carica di Presiede della Commissione del paesaggio del Comune di Varese.
Nello stesso anno è nominato Socio onorario della International Dendrology Society.
Dal 2009 è stato accettato come membro effettivo della Linnean Society of London , la più antica associazione internazionale di studiosi delle Scienze Naturali.
Dal 2009 è Amministratore delegato della Fondazione “La Casa del Sole ” – Barasso VA con l’annesso Centro per l’educazione ambientale e Parco della Moderna Arboricoltura “Alex Shigo”.
Nel 2010 ha partecipato al Chelsea Flower Show di Londra, dove ha esposto il giardino “Luci e colori delle Alpi” , premiato con la medaglia di bronzo, e ricevendo complimenti anche di S.M. la Regina Elisabetta II. 
Nel 2010 ha ricevuto il prestigioso premio “Lumen Claro” assegnato annualmente dal Distretto 180 Lions ai varesini che hanno dato lustro alla città di Varese, quale riconoscimento del suo amore per la Città Giardino.
Nel 2013 il Rotary Club Varese gli ha assegnato il premio “Professionista dell’anno”
Nel 2015 ha ricevuto dall’ ISA – International Society of Arboriculture  – l’Award of Merit, per l’impegno profuso nella divulgazione delle corrette pratiche di arboricoltura. L’ambito premio è stato così consegnato, per la seconda volta dal 1963, ad un europeo.

Un patriarca verde è a tutti gli effetti un bene storico e ambientale. Quali sono i criteri per definire nel dettaglio un albero  “monumentale”?

La legislazione si è finalmente adeguata all’oggettivazione dei criteri per cui un albero può essere definito monumentale e quindi meritevole di tutela; ci sono voluti decenni per arrivare a questo risultato che ha visto dapprima alcune Regioni – come l’Emilia Romagna – dotarsi di strumenti di tutela  fin dagli anni 80; altre, colpevolmente, dopo decenni.  Finalmente si è istituito un registro di censimento presso il Ministero a Roma. Un tempo,  i criteri identificativi si fermavano alle dimensioni o alla presunta – raramente veritiera –età. Oggi sono da considerare preminenti non solo i parametri dimensionali, ma anche quelli socio-culturali che stabiliscono un legame tra Natura e Comunità.

L’importanza degli alberi ha assunto nella moderna società una preminenza che fino a qualche decennio fa era misconosciuta. Gli alberi non solo fanno paesaggio, hanno una vitale funzione sulla nostra salute e su quella del Pianeta,ma costituiscono spesso un ancestrale legame affettivo a storie e vicende locali.  In poche parole entrano a far parte della comunità medesima in cui sono radicati.  E di questo nel stabilire dei criteri di appartenenza finalmente se ne tiene conto.

 

Cedro monumentale nel giardino inglese della Reggia di Caserta – Foto Colazilli

 

L’Italia è ricca di patriarchi verdi, la gran parte sconosciuta. Quali sono gli alberi monumentali più interessanti e degni di nota su scala nazionale?

Certo, vi sono autentici campioni radicati in parchi pubblici, nei boschi, lungo le strade, visibili ed accessibili a tutti ; ma molti sono nascosti ai più, all’interno di proprietà private o in luoghi scarsamente frequentati. Personalmente, nella mia vita professionale quarantennale, mi sono confrontato con centinaia e centinaia di alberi con caratteristiche di monumentalità e non censiti.

L’Italia è il Paese in assoluto più ricco nel mondo  di giardini storici ed in ognuno di esso sono radicati esemplari che per portamento, dimensioni, storia sono da considerarsi monumentali, un patrimonio cioè equiparabile a un monumento nazionale. Mi è difficile ,dato l’enormità e la casistica dei soggetti, ricordarli tutti.  Sicuramente ve ne sono alcuni, cui sono particolarmente affezionato, perché li ho analizzati,studiati, curati e ne conosco ogni singola parte , ogni singolo difetto e ogni singola peculiarità.

Cito il Cedro del Libano di Villa Mirabello a Varese come pure il  Cedro dell’Atlante – il famoso “piantone” – di Via Veratti sempre a Varese, – oggi ahimè rimosso – per la storia di amore e attenzioni a lui dedicate;  il Ficus macrophylla di Piazza Marina  a Palermo ,la più massiva pianta europea; il cipresso del Kashmir dell’Isola Madre e  il canforo sull’isola Bella; il platano dei giardini Montanelli a Milano come pure quelli di Villa d’Este e di  Villa Carlotta sul lago di Como; e che dire del contorto platano  di Caprino Veronese; ricordo ancora il castagno dei cento cavalieri sulle pendici dell’Etna. Nel cuore ho indubbiamente la quercia delle Checche a Pienza,  anche e soprattutto per il movimento civico sorto a sua tutela, la quercia vallonea di Tricase sotto la cui chioma nel 2000 tenni il mio seminario “ Il Sistema Albero” , il platano della Villa Comunale di Avellino, i pini domestici di Villa Borghese, il pino domestico di Garibaldi a Caprera, la magnolia dell’orto botanico di Padova, il platano della stazione di Bolzano  …… ; ma accanto a tutti questi colossi, trova un posto anche un gelso capitozzato e resiliente ,ultima vestigia dell’allevamento del baco da seta, i filari di cipressi di Villa Giusti a Verona, la betulla abbarbicata e contorta sui prati magri del Monte Martica nelle Prealpi.

Sicuramente sono stato e sono fortunato a confrontarmi ogni giorno con queste bellezze della Natura e, nonostante la quotidianità,  a continuare ogni giorno a stupirmi  ed emozionarmi al loro cospetto .

 

Cedro del Libano a Villa Le Mozette – San Piero a Pieve (FI) – Foto Zanzi

 

Cedro del Libano di Villa Mirabello a Varese – Foto Zanzi

 

Ficus macrophylla di Piazza Marina a Palermo – Foto Zanzi

 

Quercia Vallonea di Tricase a Lecce – Foto Zanzi

 

L’attuale legislazione in che modo tutela e valorizza gli alberi monumentali d’Italia?  E qual’è la procedura per segnalare alberi monumentali agli organi competenti?

Come ho detto dal 2014 è istituito il registro degli alberi monumentali italiani che fa capo al Ministero delle politiche agricole e forestali. Il competente ufficio centralizzato riceve e pondera le segnalazioni che arrivano dalla periferia.  Se si ha coincidenza tra i parametri segnalati e quelli dettati per Legge, l’albero viene iscritto come monumentale nell’apposito registro ed è sottoposto così a vincolo di tutela. E’ stato ed è un primo concreto passo sulla via del censimento e della tutela. E ne sono felice.  Tuttavia si tratta di un meccanismo ferruginoso, lento e lacunoso.  Le segnalazioni periferiche sono affidate alle municipalità e di rimando agli uffici tecnici che spesso non hanno vuoi la competenza tecnica vuoi il tempo vuoi la voglia per battere a tappeto il territorio e segnalare. Spesso poi si vede questo censimento non come una potenziale valorizzazione del territorio, ma come un “fastidio”  in più nella quotidianità del lavoro . Ho la sensazione – non del tutto lontana dalla realtà – che questa mappatura sia affidata per lo più alla buona volontà o passione del sindaco ,assessore o geometra di turno piuttosto che rappresentare lo specchio reale del territorio. Questo spiega i risultati contrastanti  che si stanno ottenendo con Regioni in cui la segnalazione di alberi monumentali è cospicua ,mentre in altre è scarsa.  E’ impensabile che in alcune Regioni gli alberi che hanno criteri di monumentalità siano ridotti a poche decine di soggetti. Ad esempio, nel 2012 lo studio presentato dal gruppo Pro Arbora , frutto di un lavoro transfrontaliero  tra Italia e Svizzera, censiva  nelle sole province di Varese e Como oltre duecento soggetti da ascriversi, per congruità ai parametri di Regione Lombardia , all’elenco di monumentali. Il censimento attuale imposto dalla  Legge ne contempla fino ad ora  invece un numero inferiore; segno evidente che la segnalazione dei dati è alquanto lacunosa. Spero comunque che in un prossimo futuro le amministrazioni locali possano capire l’importanza della mappatura sul territorio dei monumentali.

 

Il clima sta cambiando radicalmente con fenomeni sempre più estremi. I cambiamenti climatici possono creare problemi alla sopravvivenza degli alberi monumentali?

I cambiamenti climatici, come tutti i mutamenti  dell’ambiente in cui un patriarca verde è cresciuto e si è adattato per secoli, sicuramente hanno un’influenza sulla vitalità e il declino degli alberi vetusti.

Un albero secolare mal si adatta ai cambiamenti repentini. Faccio un esempio : una giovane quercia è 100% di energia dinamica; anche se la taglio  al suolo  sicuramente ricaccerà per dare vita ad una nuova pianta con lo stesso corredo genetico. La stessa quercia di  100 anni, se subisce lo stesso trattamento, non ricaccia perché evidentemente è solo il 10 % o meno di energia dinamica.

Nel nostro modo di pensare è evidente che un novantenne non lo si porterà in cura ad un pediatra o viceversa un neonato ad un geriatra; è evidente e non discutibile; eppure nel comune pensare, ma anche in quello di molti tecnici, è difficile ritenere  che un albero centenario abbia una diversa anatomia e fisiologia di un giovane albero che riesce ad adattarsi più facilmente e prontamente ai cambiamenti circostanti.

Un patriarca verde è un vecchio ”brontolone” incapace di adattarsi ai cambiamenti e alle novità: piccole modifiche nell’ambiente circostante riescono ad indurre reazioni enormi che portano al declino del soggetto ….  E  molti parassiti questo la sanno … e hanno la pazienza di aspettare. Figuriamoci se poi queste modifiche sono cambiamenti climatici che comportano uno sfasamento del regime idrico , delle temperature cui gli alberi e loro associati erano abituati da lustri.

 

Il cipresso pluricentenario di Villa d’Este a Tivoli – Foto Colazilli

 

Quali sono le principali problematiche fitosanitarie che possono colpire gli alberi monumentali?

Mi verrebbe voglia di rispondere, forte dell’esperienza che ho accumulato  negli anni , che la principale problematica fitopatologia  per gli  alberi è l’uomo,  vuoi con la sua trascuratezza  e con i suoi approcci dendrofobi – che le cronache riportano ormai quotidianamente -, ma anche e soprattutto quando interviene a sproposito ,con cure magari dettate dal troppo amore, su pazienti fragili, dagli equilibri delicati, quali sono gli alberi monumentali.

Mi accorgo sempre più che a molti professionisti, a molti umani fa piacere trovare ed avere parassiti tremendi, possibilmente alieni, preferibilmente cinesi, contro cui combattere per salvare gli alberi. La malattia fa l’uomo professore!

In realtà, ben poche sono le problematiche fitosanitarie che possono mettere a repentaglio una specie vegetale e quelle poche che sono comparse hanno meccanismi talmente specifici che nel tempo la specie riesce ad risollevarsi, adattandosi.  Un albero monumentale elabora strategie di convivenza e di sopportazione con quelli che noi chiamiamo patogeni; spesso sfrutta al proprio interno le competizioni tra diversi agenti di carie per avvallarne e compartimentare nella loro nicchia ecologica questi cosiddetti patogeni.  Troppe volte è l’uomo che, con i suoi interventi di cura – dendrochirugia ( oggi celata sotto forme più subdole , ma sempre di questa si tratta ), endoterapia, concimazioni, irrigazioni ,consolidamenti inutili,ecc. – rompe delicati equilibri instauratisi nei decenni e ottiene il risultato che un determinato organismo  da saprofita convivente innocuo, se non utile, si trasforma in patogeno.

Ho la convinzione che tutte le alterazioni che avvengono a livello fogliare  di un monumentale hanno la valenza di un brufolo sulla pelle di un diciottenne: antiestetici forse , ma ininfluenti per la vitalità dell’organismo. Questa naturalmente è una generalizzazione, non vorrei essere frainteso: bisogna sempre poi valutare il soggetto nella sua complessità e nel suo stato di vigore ed energetico.L’energia che un sistema possiede o che  è in grado di produrre,  è la chiave di interpretazione della patologia arborea.

 

Che tipo di analisi visive e strumentali si eseguono su un albero monumentale?

Il VTA ( Visual Tree Assesment), da me diffuso in Italia sul finire degli anni ’80 ,era ed è una razionalizzazione di ciò che i tecnici facevano da tempo : ovverosia l’osservazione e la catalogazione dei difetti e delle crescite adattive degli alberi. E’ una metodologia, non l’unica, che organizza dati e osservazioni.

Ha una elevata dose di soggettività e richiederebbe nell’applicazione un’esperienza pratica di campo notevole e non certo la semplice partecipazione ad un corso formativo di due giornate. Le informazioni che si ricavano danno una fotografia – importante – però statica dell’albero, come se questo vivesse al chiuso senza l’influenza di forze e fattori che ne potrebbero poi determinare il cedimento.

Nel corso degli anni sono stati introdotti sul mercato numerosi strumenti diagnostici a supporto : il penetrometro o resistograph – il primo prototipo si chiamava  densitomat e fu testato su platani a Varese ( occorrevano due persone per reggerlo)- , il tomografo sonico,ultrasuoni, termografie,ecc.

Tutte strumentazioni utili, se ben interpretate, con il vincolo che danno una visione puntuale e statica – cioè senza carico- dell’albero.  Nel 2001 divennero  applicabili in pieno  campo le cosiddette  prove dinamiche con la messa in trazione degli alberi che danno informazioni utili sul comportamento dell’albero e delle radici sotto stimolo di forze esterne. Si tratta di prove complesse ,da applicarsi quando e dove necessario, che contribuiscono certamente a fornire informazioni utili sulla stabilità e stato di salute degli alberi. Nel 2001 furono molte osteggiate,; oggi gli stessi osteggiatori sono divenuti entusiasti sostenitori e applicatori.  Tengo a precisare che la complessità delle indagini e la loro interpretazione necessiterebbero un abilitazione ottenuta tramite un tirocinio con tutoraggio; e non come oggi avviene, dove tutto diventa commerciale, con il semplice possesso di un inclinometro, un elastomero e un software.

Un’analisi complessa mal interpretata può diventare uno strumento pericoloso. Rispetto a vent’anni fa , oggi il tecnico ha a disposizione un ‘ampia gamma di strumenti scientifici, tutti con una loro utilità e validità.

E’ da sottolineare comunque che l’impiego di uno strumento, anche il più sofisticato, serve a poco o a nulla se chi lo utilizza non ha precise conoscenze biologiche dell’albero.Vedo in giro troppi “esperti”  che si vendono come tali per il semplice fatto di fare dei buchi in un tronco. Per una buona diagnosi mi verrebbe da dire meno strumenti e più biologia !

 

Operazioni di controllo su un albero storico – Foto Zanzi

 

Quali tipologie di interventi conservativi si possono eseguire sugli alberi monumentali?

Tutti quelli che sono rivolti a mantenere i livelli energetici degli alberi e dei loro associati e non a  debilitarli.

L’energia e la fenologia  sono le  chiavi di volta da comprendere. Fonte principale per qualsiasi albero di energia sono il sole e la sintesi clorofilliana ; appare evidente quindi su un albero senescente , che presenta un architettura particolare e diversa, bisognerà porre attenzione a non ridurre la superficie fogliare per non diminuire  la capacità di produrre energia al sistema. Assistiamo all’ossimoro di potature pesanti su alberi monumentali e al successivo consiglio di fertilizzarli con concimi per farli riprendere il vigore. Una grande confusione nella testa di molti !

Shigo ha elaborato nel suo testo Modern Arboriculture, da me tradotto, un grafico di interventi possibili  sugli alberi vetusti che tiene conto dell’età, della fenologia dell’albero e della quantità di massa verde che deve essere mantenuta e non asportata. L’intervento manutentivo più importante è sicuramente quello di mantenere condizioni di vita le più stabili e naturali per un albero. Quindi potare, se necessario, in  modo giusto, non alterare i regimi idrici – a meno di prolungate siccità -, concimazioni minerali nulle con zero apporto di azoto, ripristinare e conservare una vita microbiologica elevata nel terreno, evitare cambiamenti repentini delle condizioni ambientali –

 

La potatura riveste un’importanza fondamentale  nella cura degli alberi. Che tipo di potatura deve essere eseguita su un albero monumentale?

Sicuramente la potatura è operazione importante sulla quale si continua da decenni a discutere : e’ evidente che tutte quelle operazioni riconducibili ad un capitozzo più o meno spinto si traducono solo in un grosso danno per l’albero. Ma questo è inutile e pleonastico saperlo e riscriverlo.

Oggi c’è troppa enfasi sul sottolineare i danni di un capitozzo spinto. Sembra che tutto si fermi alla condanna del capitozzo! E’ da trenta anni che lo scriviamo. Ancora oggi però non ho trovato una definizione esatta su cosa sia il capitozzo; vedo solo foto di alberi orrendamente mutilati  e chi più ne ha ne mette.

In realtà anche molti tagli cosidetti di ritorno sono capitozzi, capitozzi malcelati, ma sempre di questo trattasi per i risultati che provocano sulla fisiologia di un albero. Shigo definisce il capitozzo come un taglio di raccorciamento internodale che provoca lo sviluppo di succhioni a partire da punti meristematici interni nel legno che depletano l’albero. E’ questa , al di là delle foto orrende postate, l’unica definizione trovata di capitozzo. E se viene accettata, si capisce come molti degli interventi che vediamo applicati e citati come corretti in realtà non lo sono; sono dei capitozzi, magari più lievi, ma sempre di capitozzi si tratta.

Ma perché si continuano a rovinare con le potature anche alberi monumentali viste le evidenze dei danni ? La risposta è anche di tipo economica, ma fondamentalmente risiede nell’ignoranza – nel senso latino di non conoscenza – da parte dei proprietari , ma anche di tanti, troppi operatori, della biologia degli alberi.  Molti, troppi vogliono risposte semplici e  regole matematiche o formule : asportare il 20-30 % del fogliame, apportare tot kg di azoto, tot litri di acqua,ecc.. Sarebbe invece importante  conoscere la biologia del paziente prima di operarlo  e in questo campo mi sembra che vi sia ancora troppa non conoscenza.

Aforisma n.170 tratto dal testo Tree Pithy Points di Alex Shigo : “ La Moderna Arboricoltura è la cura degli alberi basata sulla comprensione della biologia degli alberi “ e ancora “ Una volta che ti sarà chiaro in mente come il Sistema albero funziona, troverai tutte le risposte alle possibili cure e attenzioni da prestarsi agli alberi “

 

La tecnologia oggi permette di eseguire lavori importanti per salvare patriarchi in difficoltà. Come avviene il consolidamento di un grande albero?

Anzitutto sarebbe da chiedersi se sia davvero necessario in molte situazioni consolidare un albero.  C’ è situazione e situazione, albero ed albero. Ad esempio vi sono alberi di un incommensurabile valore storico in condizioni criticissime che sarebbero normalmente da rimuovere per motivi di sicurezza , ma vengono mantenuti perché hanno un inestimabile valore culturale o storico.

E’ quello che è successo ad esempio con l’intervento sullo storico esemplare di ippocastano nella casa di Anna Frank ad Amsterdam che la sfortunata ragazza citò nel suo famoso diario come il suo unico  legame con il mondo esterno vedendolo dall’abbaino del nascondiglio. Quell’esemplare , cavo e malandato , è stato ingabbiato da un ponteggio esterno e mantenuto stabile.

Un albero vetusto tende in genere ad appoggiarsi; quindi molte volte risultano utili i sostegni dal basso che devono essere posizionati seguendo precise  regole e con un design particolare per evitare possibili danni da sfregamento o da rotazione. Qualora sia necessario consolidare parti della chioma con cavi oggi la preferenza viene data ai cavi sintetici dinamici e statici. Ma attenzione di  farlo a ragione veduta ,senza irrigidire il sistema e conoscendo i materiali,i loro limiti e le forze in gioco. Un cavo in una pianta deve anzitutto rappresentare un segnale che c’è qualcosa che non va. Nel dubbio astenersi !

 

A volte ci troviamo di fronte a grandi alberi in fase di deperimento. E’ possibile invertire tale processo rigenerando l’apparato radicale e la vitalità di un patriarca verde? E quali metodologie si adottano?

Il deperimento di un albero è un processo lento che può durare decenni.  Per gli alberi non esiste la morte improvvisa  a meno che intervenga la motosega. Esiste il lento declino, cui la pianta può adattarsi anche per secoli.

L’albero mette in atto strategie naturali per reimpostare la propria chioma adattandola agli stati di energia più bassi cui deve fare fronte o alla biomassa crescente che richiederebbe se attiva una quantità di energia esponenzialmente crescente. Il più delle volte il deperimento della parte epigea è correlato alla parte ipogea, il mondo nascosto e perciò misconosciuto di un albero . Le piante vivono in stretta correlazione con i propri associati – microrganismi, funghi, micro e macrofauna,ecc – E’ importante prendersi cura non solo dell’albero, ma anche di tutta questa vita interdipendente che permette ad un albero di vivere e non di sopravvivere. E’ dunque importante favorire l’attività microbiologica del terreno e qui giocano un ruolo importante il livello di sostanza organica in decomposizione – che costituisce il carburante per la vita infinitesimale del terreno – e la presenza di ossigeno indispensabile alle attività respiratorie.  Spesso abbiamo invece a che fare con terreni impoveriti e asfittici per compattamento. E questo non va bene. Non esistono cure o prodotti  miracolosi, ma semplicemente la capacità di mantenere le condizioni naturali, non alterate,in cui un albero vive da secoli.

 

Eucaliptus monumentale – Foto Zanzi

 

Ci sono casi importanti in Italia di consolidamento e recupero di alberi monumentali in difficoltà?

Si sicuramente sì’. Nella mia vita professionale oramai mi sono confrontato con migliaia di alberi monumentali.  Sicuramente il caso più eclatante, che ha fatto storia ed epoca, conosciuto in tutto il mondo, è il recupero del Cipresso del Kashmir all’Isola Madre sul Lago Verbano : un esemplare storico, bellissimo, di 70 tons. di peso crollato completamente a terra durante un tremendo fortunale la notte del 28 giugno 2006 e da noi  risollevato, curato e resuscitato. Un impresa titanica, una scommessa vinta ma non un azzardo.

Andando su youtube o sul nostro sito è possibile visionare un filmato di 15 minuti con le spettacolari fasi del recupero. Oggi l’esemplare , a distanza di 15 anni e a dispetto dei tanti gufi e cassandre, è completamente rinato. Talvolta gli alberi mi stupiscono della loro capacità di attivare meccanismi di adattamento e sopravvivenza. Ma a chi sa ben osservare, questi meccanismi non possono sfuggire.

 

Il recupero del grande Cipresso del Kashmir all’Isola Madre a Verbania sul Lago Maggiore – Foto Zanzi

 

Il settore degli alberi monumentali è decisamente molto complesso e specialistico. Quali sono le figure professionali specializzate nella conservazione e cura dei giganti della natura?

Ho visto in giro per il mondo le persone più diverse che si prendevano cura con competenza degli alberi. Per me valgono  sempre due motti  di Alex Shigo “ Tocca gli alberi !” ,ma soprattutto  “ Solo le  persone che conoscono la biologia degli alberi possono prendersene cura in modo appropriato !! “. Il possedere una laurea o l’iscrizione ad un albo professionale non necessariamente conferiscono  competenze e abilità ai detentori/detentrici ; troppe volte sono solo delle barriere surrettizie escludenti altri.

 

In Italia ci sono scuole e università che possono formare validi specialisti di alberi monumentali? 

La mia risposta sincera è no ! C’ è uno scollamento evidente tra mondo accademico e scolastico e la realtà operativa. Molta strada condivisa deve ancora essere percorsa. Ma ho fiducia e speranza ; credo molto nell’amore – e quindi nella capacità di acquisire competenze – dei tanti giovani che si affacciano a questa professione. E la mia gioia è quella di aver contribuito ad aprire e mostrare loro una strada.

 

Alberto Colazilli  –  Pierlisa Di Felice

Video del recupero del Cupressus cashmeriana dell’Isola Madre di Verbania

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