“Restaurare il Paesaggio per salvare l’Italia dal degrado.” Intervista a Alberto Colazilli, presidente Co.n.al.pa.
Intervista al presidente del Co.n.al.pa. Alberto Colazilli, esperto di paesaggio e beni culturali e ambientali. “Restaurare il Paesaggio per salvare l’Italia dal degrado”. L’unico modo per impedire nuovi disastri è investire su progetti di riqualificazione paesaggistica e sulla cultura della Bellezza.
L’Isola del Giglio al tramonto vista dall’Argentario – Foto Colazilli
Il dissesto idrogeologico e l’abusivismo edilizio hanno messo in ginocchio il nostro paese. Qual è la situazione attuale del nostro paesaggio?
Siamo in una situazione che va sempre peggiorando e subiamo brutalmente l’incapacità nel gestire un territorio estremamente fragile e complesso. Secondo i dati ISPRA del 2017 è a rischio il 91 percento dei comuni italiani con oltre 3 milioni di nuclei familiari che risiedono in aree ad alta vulnerabilità. Inoltre, sempre secondo ISPRA, la superficie soggetta a frane è aumentata assieme a quella potenzialmente allagabile nello scenario medio. Il 16,6 percento del territorio nazionale è a rischio elevato per frane e alluvioni. Secondo ISPRA oltre 550 mila edifici si trovano in aree a pericolosità frana elevata o molto elevata e 1 milione di edifici risiede in zone alluvionabili. I dati ISPRA sul Consumo di Suolo del 2017 parlano di 2.306.253 ettari divorati dal cemento. Siamo di fronte a un massacro del nostro territorio che rovina vedute di grande bellezza, depauperando il nostro bene più prezioso che rappresenta la nostra storia e la nostra identità.
Il paesaggio italiano è protetto dall’articolo 9 della Costituzione e dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Perchè subiamo spesso un cortocircuito nella tutela e valorizzazione dei nostri beni ambientali?
Le leggi di tutela ci sono ma il cortocircuito burocratico e le lungaggini nelle azioni di conservazione e valorizzazione non riescono ad arginare il consumo di suolo. Sono troppe le sconfitte. A mio avviso si è troppo lenti sia nella lotta all’abusivismo sia nella pianificazione di interventi contro il dissesto idrogeologico. In Italia, secondo il dossier di Legambiente l’80 percento degli immobili abusivi è ancora in piedi perchè qualcuno non ha ordinato azioni di demolizione. Si tratta di un fatto gravissimo che dimostra come il sistema di tutela funzioni molto male. Non è possibile leggere che negli ultimi 15 anni solo 14,018 immobili sono stati abbattuti a fronte dei 71450 abusivi e colpiti da ordinanze di demolizione. Si parla di dare più potere ai Prefetti per la demolizione degli immobili abusivi, un ottimo modo per rendere i procedimenti più veloci ed efficaci. La velocità nell’attuazione del procedimento è fondamentale per avere il massimo effetto. E poi è necessario aiutare quei comuni che hanno investito nella lotta all’abusivismo, eliminando ecomostri in cemento, ripristinando la legalità e recuperando interi territori prima devastati. E poi è ridicolo ricordarsi dell’abusivismo edilizio solo quando ci sono morti e disastri.
Quali sono i nemici del Paesaggio Italiano?
Il nostro paesaggio ha molti nemici che scaturiscono principalmente da un pessimo governo del territorio. Spesso manca una “cultura del paesaggio” che va insegnata nelle scuole; un problema serio è l’imbarbarimento culturale della popolazione che non ha più voglia di approfondire tematiche culturali legate al paesaggio e che provoca al tempo stesso la perdita della memoria storica. Poi abbiamo la cementificazione selvaggia e l’abusivismo edilizio che divora interi territori. Abbiamo il problema dell’abbandono dell’agricoltura che porta al degrado delle campagne, da sempre vere protagoniste di bellissimi paesaggi; poi la distruzione di boschi e foreste che rischiano di essere utilizzate esclusivamente come luoghi di sfruttamento intensivo. Poi c’è la perdita progressiva degli alberi monumentali di cui l’Italia è ricchissima. I cambiamenti climatici e la burocrazia rischiano di mettere in crisi questo patrimonio di stroardinari esseri viventi pluricentenari che abbisognano di specializzazioni particolari per essere salvaguardati. A mio avviso le attuali leggi di tutela sono poco incisive. Infine abbiamo il degrado di tantissimi monumenti storici, a cominciare da borghi antichi che vengono abbandonati fino a giardini storici ridotti a discarica che meritano azioni di recupero. Tante sono le azioni pubblico-private per sensibilizzare e combattere il degrado ma la strada è ancora lunga e difficile.
Il Paesaggio Italiano è un insieme di emergenze storiche, artistiche e ambientali interconnesse tra loro che compongono un quadro naturale unico al mondo. Quali sono le figure professionali che dovrebbero tutelare e valorizzare questa ricchezza? E quali sono le azioni da compiere?
L’Italia è un grande tesoro dove si uniscono meraviglie naturalistiche accanto a beni culturali, vedute spettacolari e giardini storici. Il paesaggio culturale italiano è un brand Made in Italy multi-miliardario, peccato che non si capisca il suo effettivo valore. Non è possibile operare con una sola figura professionale su un territorio così complesso che interessa una moltitudine di settori. Faccio l’esempio di un castello immerso in un paesaggio affascinante e circondato da un giardino storico e custode di opere d’arte. A mio avviso occorrono più figure professionali in grado di lavorare insieme per conservare tesori ambientali e culturali. Ricordiamoci che ogni angolo dell’Italia presenta questo problema. Osserviamo i borghi, le città d’arte, le campagne, i paesaggi montani, i boschi, gli alberi monumentali inseriti in contesti urbani antichi o i giardini storici dove si combina la natura con l’arte e l’architettura. Purtroppo soffriamo una mancanza cronica di veri e propri team professionali per il paesaggio, facendo lavorare insieme architetti, paesaggisti, storici dell’arte, agronomi e forestali, botanici, geologi e biologi. Il paesaggio è campo di lavoro di tutti questi professionisti e tutti devono avere visioni lungimiranti e apertura mentale, collaborando e scambiandosi le idee. Purtroppo non capita sempre perchè è molto difficile in Italia unificare i saperi. Lo studio costante, l’aggiornamento professionale, la conoscenza delle dinamiche del paesaggio, sono fondamentali per sviluppare progetti di grande impatto che migliorino il territorio.
Il paesaggio culturale di Roma – Foto Colazilli
Che cos’è il restauro del paesaggio e quali sono i processi per attuarlo?
Il restauro del paesaggio è una scienza nuova che si è sviluppata recentemente. Tale processo, che si evolve nel corso del tempo, mira a recuperare un paesaggio naturalistico, storico o culturale riportandolo alle origini nel miglior modo possibile. Il restauro del paesaggio è qualcosa di complesso che non può essere gestito da una singola persona o da un singolo Comune. Esso nasce dalla sinergia e dalla collaborazione tra consorzi di comuni, associazioni culturali ed ecologiste e professionisti di vario settore come ho già specificato in precedenza. Il restauro paesaggistico ha una prima fase che è l’analisi storica, artistica e naturalistica del territorio che viene studiato nei minimi dettagli, attraverso le fonti storiche, le opere d’arte, le fotografie d’epoca, le descrizioni dei viaggiatori, gli studi naturalistici e botanici ecc… Dunque è un processo culturale che deriva da una dettagliata riscoperta della memoria storica. Un processo in costante evoluzione che migliora nel tempo anche con la partecipazione delle nuove generazioni. Per il restauro di un paesaggio ci vogliono anni o decenni, ecco perchè è necessario tramandare la conoscenza e munirsi di pazienza e di alta professionalità.
Una volta recuperato , un paesaggio viene promosso attraverso un marketing territoriale di alto livello dove tutte le atitvità sul territorio, i Comuni e i cittadini collaborano insieme per raggiungere il massimo risultato. Il paesaggio tornato al suo splendore riporta turismo, bellezza, eleganza, miglioramento della qualità della vita. Questo è il futuro della nostra Italia e l’unica salvezza al degrado.
Ha suscitato un forte sconcerto il disastro delle foreste bellunesi. Milioni di alberi divelti al suolo, sradicati dalla tempesta, e interi paesaggi distrutti. Cosa si può fare per recuperare questi territori?
Quei boschi avevano un grande valore storico-culturale ed erano gestiti da sempre come coltivazione per la produzione di legname pregiato. La loro vocazione è sempre stata quella della filiera sostenibile del legno e quindi è impensabile e antistorico non andare a valorizzare una tradizione che si è tramandata per secoli e per generazioni. In questo caso è necessario procedere a un restauro paesaggistico che riporti a condizioni migliori il paesaggio culturale, utilizzando specie arboree diversificate, creando boschi molto più resilienti e ricchi di biodiversità. Quei boschi erano formati da una singola specie che è l’abete rosso. Non erano boschi con sottobosco e centinaia di specie arboree e arbustive sviluppate verso stadi maturi. Io credo che si debba rispettare l’aspetto culturale e la tradizione della filiera del legno e al tempo stesso migliorare il bosco nella sua struttura e resistenza ai cambiamenti climatici. Quelle montagne vanno assolutamente riforestate e ci vorranno oltre 100 anni per rivedere le foresta cresciute e verdeggianti. Bisognerà avere pazienza e progettare per il futuro. In questo caso c’è bisogno di validi professionisti del settore. I boschi italiani devono essere preservati dall’eccessiva antropizzazione e da chi vuole trasformarli in aree da sfruttamento intensivo per il legname. Il bosco ha un immenso valore educativo, scientifico, turistico e paesaggistico. Anche qui è necessario far lavorare cervelli illuminati che vogliano preservare la bellezza e l’integrità di paesaggi culturali spettacolari.
Si parla molto di “paesaggi culturali” ovvero di luoghi identitari che hanno scandito la memoria storica di comunità e regioni. Come possiamo tutelarli e conservarli nel tempo?
Come già detto per il caso delle foreste bellunesi, i paesaggi culturali sono ovunque in Italia e rappresentano la storia di intere generazioni. Un paesaggio culturale custodisce beni ambientali, beni culturali e vedute che sono tradizione, ricordo, evoluzione di una comunità. Quanti centri storici in Italia vivono a contatto con paesaggi culturali di straordinaria bellezza. Facciamo l‘esempio di Roma e del suo paesaggio mediterraneo dove si vanno a unificare beni archeologici, beni architettonici, paesaggistici e poi giardini e vedute con pini domestici, cipressi, lecci, platani e grandi alberi di più varietà. E’ antistorico pensare di cancellare il pino domestico dal paesaggio culturale romano. Ed è qui che le diverse professionalità del paesaggio devono saper trovare la giusta collaborazione per migliorare e conservare il “quadro naturale”, preservando i pini mediterranei, preservando la veduta caratteristica e lavorare sulla corretta gestione del verde. Spesso ci si dimentica che il verde cittadino è la cornice paesaggistica di alcuni monumenti artistici. Quante scelte errate e quanti errori sono stati fatti e vengono tutt’ora commessi per colpa dell’alberofobia. Interi paesaggi culturali distrutti o gravemente snaturati, inserendo specie arboree che non c’entrano nulla con il contesto storico-artistico e paesaggistico. In questo caso le Soprintendenze dovrebbero vigilare di più sulle radicali modificazioni dei paesaggi culturali. La Bellezza è un valore assoluto, sopra le parti, e la sicurezza dei cittadini, assolutamente sacrosanta, deve comunque uniformarsi sempre all’eleganza dei luoghi. Non possiamo pensare di demolire il Foro Romano perchè cadono pezzi di rovine e non possiamo devastare i pini di Roma solo perchè cadono a ogni maltempo. Trovare le giuste soluzioni al problema significa lavorare con professionalità cercando di capire che ogni piccolo angolo d’Italia è un tesoro da tutelare.
La salvaguardia del paesaggio scaturisce anche dalla Educazione alla Bellezza. Quali azioni compiere per incrementare questa sensibilità? E qual è il ruolo dell’educazione ambientale nella difesa e conoscenza del Paesaggio italiano?
“Educare” è la parola chiave per far si che le nuove generazioni non perdano totalmente la cultura della propria terra. Tutto questo deve iniziare nelle scuole. Educazione, questo termine così importante e così calpestato nella società contemporanea da “arroganza”, “ignoranza” e “maleducazione”. Siamo in un’Italia che rischia di perdere i suoi valori, dove le nuove generazioni sono molto disinteressate al problema del paesaggio e alla conservazione della memoria storica. L’educazione ambientale ha un ruolo importantissimo nella tutela del territorio ma è svolta con difficoltà in tante realtà. La formazione alla Bellezza deve cominciare sin dalla tenera età, nelle istituzioni scolastiche, e deve essere fatta con una comunicazione moderna, incisiva, al passo con i tempi. Deve arrivare ai giovani tramite il linguaggio delle nuove tecnologie, tramite i social, utilizzando al meglio il potere delle immagini, le storie e le leggende, le suggestioni cercando di emozionare e di far riflettere. Il web, se lo sappiamo usare con intelligenza, può diventare un’arma vincente per l’educazione alla bellezza e per la salvaguardia del paesaggio italiano. Bisogna far capire ai ragazzi che un paesaggio torturato dall’abusivismo e dal degrado può uccidere vite innocenti. E dobbiamo smetterla con questa alberofobia che sta divorando i cervelli di tanti italiani. Bisogna trovare soluzioni, immediatamente, prima che si arrivi alla distruzione di altri luoghi identitari. Ricordiamoci che il Paesaggio ben curato è testimonianza di civiltà, per questo dobbiamo impegnarci tutti, in sinergia, in azioni di sensibilizzazione, divulgazione e conoscenza di tesori ambientali e culturali unici al mondo.
Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio Onlus
Impariamo ad amare e a rispettare di più l’ambiente in cui viviamo per preservarlo dal degrado e dall’incuria