Gestione del fiume e del suo habitat
La tutela dei fiumi per il miglioramento del territorio
Fiume Tirino a Capestrano (AQ) – Foto Colazilli
Negli ultimi decenni, la gestione degli ambiti fluviali è stata improntata in massima parte ad una visione ingegneristica secondo la quale i fiumi devono essere considerati come canali il cui scopo unico è quello di portare il più velocemente possibile le acque al mare. E’ così avvenuto che, con il pretesto di far defluire piene con elevati tempi di ritorno, la struttura morfologica dei corsi d’acqua è stata spesso alterata e, con essa, gran parte del loro sistema biologico, compromettendo i delicati equilibri dell’ecosistema fiume. Gli interventi di canalizzazione e di regimazione dei corsi d’acqua, che hanno devastato agli inizi degli anni ottanta molti fiumi della nostra regione, non solo non hanno sortito l’effetto desiderato ma, anzi, hanno avuto conseguenze disastrose sull’ambiente circostante. Infatti, il cambiamento della forma dell’alveo, il banchinamento e l’arginatura sono interventi che hanno completamente stravolto ed alterato la normale dinamica dei fiumi. Operando con azioni di incanalamento forzato si sono ridotte le diverse possibilità di smaltimento di energia della piena: la mancata esondazione negli alvei di piena e nelle golene, la scomparsa dell’ attività erosiva a danno delle sponde concave (che, di solito, oppongono resistenza per mezzo della vegetazione riparia) , la tendenza alla rimozione delle asperità del fondo hanno avuto come unica conseguenza l’aumento della velocità e della forza distruttrice delle acque. Dunque i fiumi sono stati trasformati in vere e proprie autostrade che portano il pericolo di inondazione a valle. La notevole velocità delle acque, dovuta all’artificializzazione degli argini e alla rettilineizzazione del corso, ha talvolta portato al cedimento dei manufatti , causando gravi danni all’ambiente circostante. Esemplificativo in tal senso è 94 il caso del fiume Sangro: nel 1991 dopo un’ ondata di piena le barriere che avevano imbrigliato il fiume sono state travolte e distrutte dall’impetuosa velocità assunta dalle acque nel tratto canalizzato agli inizi degli anni ottanta. Inoltre gli interventi di canalizzazione hanno avuto notevoli ripercussioni negative sull’ecologia dell’ambiente fluviale. In primo luogo, la cementificazione dei corsi d’acqua ha come effetto la distruzione delle fitocenosi delle idrofite acquatiche, importantissimo tassello dell’ecosistema fiume. Infatti la vegetazione a fanerogame sommerse reofile, durante il giorno, tramite la fotosintesi, partecipa all’ossigenazione delle acque ed alla regolazione del pH: inoltre le idrofite assorbendo ed utilizzando i nutrienti , li abbattono in maniera considerevole e concorrono così all’autodepurazione del corso d’acqua. Le piante acquatiche forniscono anche nutrimento alla fauna ittica, in maniera diretta o indiretta (in quanto substrato alimentare per il macrozoobenthos e, quindi, come primo anello della catena del detrito). Inoltre le fitocenosi acquatiche, pur essendo strettamente legate all’ambiente nel quale si sviluppano, contribuiscono in maniera notevole a determinare le condizioni di eterogeneità necessarie per un adeguato equilibrio dei fattori dinamici, fondamentali per gli ecosistemi acquatici. La distruzione delle fitocenosi porta dunque ad una perdita dei microhabitat che si creano tra i fusti delle idrofite e tra i più intricati grovigli delle elofite emergenti. Inoltre gli interventi di escavazione in alveo durante la realizzazione delle opere di regimazione, portano ad un aumento del trasporto solido dell’acqua con una riduzione in termini di diversità delle popolazioni di invertebrati presenti e con un allontanamento della fauna ittica presente. Gli interventi di canalizzazione e di artificializzazione, non sono stati fine a se stessi, in quanto, una volta eseguiti, hanno portato con sè il problema della manutenzione ordinaria da effettuare sugli stessi corsi d’acqua, per mantenerli sempre assolutamente sgombri da ogni filo d’erba che in essa potesse rinascere. Tali opere di manutenzione sono da sempre state eseguite con tecniche poco rispettose dell’ambiente fluviale: ruspe cingolate sono state utilizzate per “ripulire” l’alveo continuando ad arrecare gravi danni agli ecosistemi fluviali che, lentamente, tentavano di recuperare un proprio equilibrio.
E’ oggi più che mai necessario trovare delle soluzioni alternative alla pratica dell’artificializzazione e della manutenzione dei corsi d’acqua. Sarebbe opportuno rinaturalizzare i fiumi cementificati e, laddove necessario, intervenire con tecniche di ingegneria naturalistica. L’esempio deve venire dal mondo anglosassone e dalla 95 Germania dove molti corsi d’acqua, prima cementificati, sono stati riportati al loro stato naturale: in Baviera ed in altri Lander tedeschi, il governo ha acquistato dai privati centinaia di ettari di terreni rivieraschi che sono poi stati rinaturalizzati e restituiti ai fiumi. In Italia, negli ultimi dieci anni, la situazione è gradualmente migliorata, non solo nelle Regioni di solito all’avanguardia nel campo ambientale (Trentino, Veneto,…) ma anche in altre zone dove erano stati effettuati interventi drastici sui fiumi, ad esempio l’Emilia Romagna e La Toscana. In Abruzzo, dopo anni di contrasti tra le istituzioni ed i loro rappresentanti (politici e tecnici) da una parte, e gli ambientalisti che tentavano di salvaguardare l’integrità degli ecosistemi fluviali dall’altra, è stato istituito un tavolo tecnico che studiasse i problemi connessi alla manutenzione idraulica. Tale tavolo tecnico ha stilato, nel 1999, un documento intitolato “CRITERI E METODI PER LA REALIZZAZIONE DI INTERVENTI SUI CORSI D’ACQUA DELLA REGIONE ABRUZZO”. Si legge in tale documento: “Gli interventi di manutenzione idraulico forestale devono avere caratteristiche tali da non comportare alterazioni sostanziali dello stato dei luoghi sui corsi d’acqua ponendosi come principali obiettivi: …. 2 la salvaguardia e la promozione della qualità dell’ambiente attraverso: ·la riduzione e, ove possibile, l’eliminazione del degrado fisico ambientale presente nell’ambiente fluviale, soprattutto se conseguente alle attività antropiche; · l’adozione di metodi di realizzazione tali da non compromettere in modo irreversibile funzioni biologiche dell’ecosistema in cui si interviene; ·il rispetto dei valori paesaggistici dell’ambiente fluviale e delle comunità vegetali ed animali presenti”. Purtroppo queste linee guida di intervento non hanno mai trovato applicazione pratica. Così, in questi anni, si è continuato ad effettuare una serie di opere di manutenzione dei corsi d’acqua cementificati, utilizzando le solite tecniche poco rispettose dell’ecosistema fluviale. Significativo a questo proposito è il caso che si è presentato nella primavera del 2005. Una ruspa, con il suo braccio meccanico, stava ripulendo l’alveo del fiume Aterno, nel tratto ricadente nel comune di Vittorito, dove era stata rinvenuta una popolazione della trota autoctona Salmo trutta macrostigma. Solo un intervento repentino da parte degli ambientalisti locali è riuscito ad evitare il disastro ecologico che si sarebbe compiuto portando a termine l’intervento di manutenzione e che avrebbe irrimediabilmente compromesso l’habitat di questo nucleo di trota autoctona. Sarebbe opportuno iniziare ad applicare le linee guida già stabilite nel 1999 per gli interventi sui fiumi della nostra Regione, iniziare a rinaturalizzare alcuni tratti, seguendo l’esempio che ci viene da alcuni paesi del Nord Europa. Un progetto pilota in tal senso potrebbe essere applicato proprio sul fiume Aterno, ricadente nel tenimento del comune di Vittorito.
Già nel 1998 l’Università degli Studi dell’Aquila, aveva redatto uno studio dal titolo Monitoraggio ambientale del fiume Aterno-Aspetti dell’assetto territoriale e prime linee di intervento- ( a cura di Corbetta et al.). Si legge nell’introduzione di questo lavoro: “…La particolare condizione dell’asta fluviale compresa nelle competenze municipali del Comune di Vittorito presenta notevoli potenzialità per un intervento di ripristino naturalistico e paesaggistico, inteso come insieme di azioni progettuali tese a creare una integrazione completa tra i modi d’ uso produttivo, ancora sufficientemente vitali, e quelli legati alla sfera di interesse culturale richiamato dalla presenza delle risorse naturali.” Sempre in questo studio vengono delineati alcuni interventi di ingegneria naturalistica che si potrebbero effettuare sul fiume Aterno a Vittorito: ripristino di un’adeguata vegetazione di copertura, soprattutto nell’area golenale, arretramento parziale degli argini in alcuni luoghi, gradonatura di settore degli stessi, realizzazione delle massicciate in alveo che costituirebbero possibili ripari e tane per le specie ittiche oltre a creare possibilità di sviluppo della vegetazione acquatica. Inoltre, in prossimità del Ponte della Ferrovia, sempre nel tenimento del Comune di Vittorito sarebbe opportuno porre delle paratie che dovrebbero essere chiuse nei momenti di piena eccezionale: si permetterebbe così al fiume Aterno di espandersi nell’area golenale a monte, preservando in tal modo la cittadina di Popoli dalle esondazioni che hanno arrecato consistenti danni negli ultimi anni, durante il periodo di morbida.
Al fine di esplicitare al meglio quanto sopra esposto si riporta qui di seguito lo studio e la descrizione di due tratti del fiume Aterno: uno naturale e l’altro cementificato e soggetto a continui interventi di manutenzione. Dalla descrizione si potrà pienamente cogliere quanto gli interventi portino ad una totale banalizzazione dell’ecosistema fiume. Tale studio è tratto dalla tesi di laurea dell’ autrice del presente articolo “LA POPOLAZIONE AUTOCTONA DELL’ATERNO-PESCARA APPARTENENTE AL COMPLESSO SALMO TRUTTA ED ATTRIBUIBILE AL TAXON MACROSTIGMA DUMERIL: ASPETTI ECOLOGICI E GESTIONALI” discussa nel 2006 presso l’Università degli Studi dell’Aquila, Facoltà di Scienze Biologiche (Relatori: Pirone G., Corbetta F., Recchia F.,Di Sabatino A.)
Aterno dalla località “Scerto-Ortella” al “Ponte dello scarico” –Vittorito-
Il tratto esaminato è lungo circa 600 metri. Si tratta di un sito ad alta naturalità. Il fiume scorre fortemente meandrizzato, in un ambiente integro: l’alveo ha una larghezza variabile dai 7 ai 20 metri, il fondo è costituito da ghiaia e ciottoli e, soprattutto nelle anse, ci sono notevoli accumuli di limo e sabbia. L’altezza dell’acqua varia dai 30 cm ai 2 metri delle buche più profonde, che si vengono a creare sotto le sponde alte e ripide, frutto dell’azione erosiva del fiume in corrispondenza dei meandri. Numerosi sono gli isolotti, anche di dimensioni notevoli, che emergono dal letto dell’Aterno in questo tratto. Tali ambienti sono colonizzati soprattutto da salici (Salix alba) e pioppi ibridi (Populus x euroamericana) che qui raggiungono un altezza massima di 5 metri. La vegetazione erbacea che cresce in quest’ambito è costituita soprattutto da specie nitrofilo-ruderali, ascrivibili all’aggr. A Polygonum lapathifolium: qui, insieme alla specie dominante Polygonum lapathifolium si rinviene Bidens tripartita, Artemisia verlotorum e, con popolamenti anche piuttosto consistenti, Heliantus tuberosus. Specie elofitiche afferenti all’associazione Apietum nodiflori ed alle associazioni Typhetum latifoliae e Sparganietum erecti, colonizzano l’argine e le zone in cui l’acqua è più bassa: curve, meandri e sponde naturali caratterizzano questo tratto di fiume. Le idrofite crescono nei tratti in cui l’acqua scorre più calma: in quest’ambito si rinvengono diverse Associazioni dall’ Apietum submersi, al Myriophylletum spicati ed al Potametum pectinati. Tuttavia nei tratti in cui la corrente è più celere sono totalmente assenti le macrofite in alveo. Sulle sponde è presente l’associazione Salicetum albae con consistenti nuclei di salice bianco (Salix alba) e di pioppo nero (Populus nigra). Non mancano tuttavia specie esotiche, come l’ailanto (Ailantus altissima) e la Robinia (Robinia pseudoacacia), ed alberi di ex coltivi, quali i pioppi ibridi (Populus x euroamericana) e le noci (Junglans regia).
Fiume Aterno a Vittorito – Foto G. Di Felice
Transetto del tratto esaminato
Fiume Aterno dal “Ponte le Pietre al Ponte della ferrovia”- Vittorito-
La fisionomia dell’Aterno cambia radicalmente poco a valle del tratto sopra descritto e fino alla confluenza con il fiume Pescara. Infatti agli inizi del 1900 il fiume Aterno fu confinato all’interno di argini rialzati in terra, i quali rappresentavano il letto di piena che avrebbe dovuto contenere eventuali esondazioni. Dopo tali opere, per effetto del R.D. n. 523 del 1904, da questo tratto l’Aterno fu identificato come fiume in cui eseguire opere idrauliche di seconda categoria e, quindi, soggetto a continui interventi di manutenzione. Ben più pesante fu, però, agli inizi degli anni ottanta (nel periodo della “sciagurate” cementificazione dei fiumi abruzzesi) l’assalto subito qui dall’Aterno: esso fu regimato, rettilineizzato e le sponde dell’alveo di magra furono completamente artificializzate con muretti di pietre cementate senza soluzione di continuità.
Nello specifico la lunghezza del tratto esaminato è di circa 1,5 km. Gli accumuli di terra a destra ed a sinistra del letto del fiume sono sempre più stretti. in questo tratto l’Aterno inizia ad acquisire maggiormente sembianze di canale. Le sponde di cemento sono completamente a vista, triste testimonianza dell’opera che ha completamente “snaturato” il volto del fiume. Non ci sono più salici arborei ma solo qualche sporadico salice arbustivo a salice bianco (Salix alba), all’ombra del quale crescono rigogliosi popolamenti di Polygonum lapathifolium. La fascia compresa tra la vegetazione nitrofila e l’acqua, laddove ci sono gli stretti accumuli di terra, è colonizzata da piccoli popolamenti dell’associazione Phragmitetum australis, ascrivibile alla classe Phragmitetea australis. Le associazioni Typhetum latifoliae e Sparganietum erecti, abbondanti nei tratti precedenti, qui crescono solo su qualche sporadico isolotto che si trova nel letto del fiume. Le idrofite sono rappresentati da piccoli popolamenti, riconducibili alle associazioni Veronico-Apietum submersi, Potametum pectinati, Myriophylletum spicati: è stata altresì rilevata l’associazione Sparganietum erecti fo fluitans, ascrivibile alla classe Potametea pectinati ed all’alleanza Ranunculion fluitantis.
Fiume Aterno a Vittorito – Foto G. Di Felice
Fiume Aterno a Vittorito – Foto G. Di Felice
Transetto del tratto esaminato
Alla luce di quanto sopra esposto si conclude quanto segue.
NO a interventi di canalizzazione, regimazione e cementificazione che “snaturano” e “devastano” l’ecosistema fluviale.
SI agli interventi eseguiti rispettando i valori paesaggistici dell’ambiente fluviale e delle comunità vegetali e animali presenti, laddove se ne ravvisa la necessità.
SI a interventi di ripristino naturalistico e paesaggistico dei corsi d’acqua già “violentemente snaturati” dalle opere di canalizzazione e di cementificazione
Fiume Aterno a Vittorito – Foto G. Di Felice
Fiume Tirino a Capestrano (AQ) – Foto Colazilli
Piera Lisa Di Felice. Biologa e ittiologa esperta di fiumi e paesaggi fluviali.
Articolo pubblicato su Fratello Albero n.2 del 2015
Bibliografia
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DI FELICE PL, 2006 La POPOLAZIONE AUTOCTONA DELL’ATERNO-PESCARA APPARTENENTE AL COMPLESSO SALMO TRUTTA ED ATTRIBUIBILE AL TAXON MACROSTIGMA DUMERIL: ASPETTI ECOLOGICI E GESTIONALI Tesi di laurea . Università degli Studi dell’Aquila, Facoltà di Scienze Biologiche (Relatori: Pirone G., Corbetta F., Recchia F.,Di Sabatino A.)
Bravissima
ma invece la regione Toscana ha iniziato dalla primavera del 2018 lo scempio delle sponde dei fiumi la cui manutenzione è stata affidata i consorzi di bonifica che distruggono tutto piante animali e argini consentendo i lavori anche durante il periodo di nidificazione , a colpi di delibere che vanno contro alle leggi di tutela emanate dalla stessa regione toscana!!!! è un disastro per tutti i corsi di acqua fiumi e torrenti e ruscelli!!!!! Grazie