Abbattuto l’ultimo pino monumentale di Penne.
Abbattuto l’ultimo pino monumentale di Penne.
Un altro gigante verde d’Abruzzo viene eliminato per sempre.
Il grande pino com’era una volta – Foto di Alberto Colazilli
Sconcerto e indignazione da parte delle associazioni ecologiste Conalpa Onlus e Pro Natura Abruzzo per il nuovo abbattimento di un albero monumentale nel cuore dell’Abruzzo. Questa volta è toccato a un monumento naturale regionale, il pino domestico monumentale più grande di Penne, un colosso di oltre 20 metri con una circonferenza di 3,39 metri. Proclamato monumento naturale nel 2012, ubicato in prossimità della SS-81, da sempre era un simbolo del paesaggio pennese, un punto di riferimento per i cittadini, un luogo di incontro e di ricordi. Adesso il suo imponente tronco è abbandonato nella desolazione di un terreno antistante, lasciato all’arsura estiva e nell’indifferenza delle istituzioni. Ancora una volta l’Abruzzo verde perde un’altra colonna del cielo e la lista dei monumenti naturali regionali subisce un duro colpo.
Il tronco del pino abbattuto – Foto di Alberto Colazilli
Abbattuto perchè ritenuto pericoloso. Per molti era un pericolo imminente, pronto a cadere da un momento all’altro; in realtà la stabilità dell’esemplare ha resistito egregiamente alla disastrosa nevicata di marzo 2015 senza alcun cedimento. Anticamente i pini domestici erano due, formando una veduta suggestiva sul paesaggio. La violenta nevicata del 2005 provocò il crollo del secondo pino più a valle. In quell’occasione si scoprì che una malattia degenerativa aveva intaccato le radici del grande albero a seguito degli scavi effettuati durante i lavori sulla strada sottostante.
Il pino abbattuto – Foto di Alberto Colazilli
“Questo triste episodio dell’abbattimento va a testimoniare che la cura dei grandi alberi in Abruzzo è ancora difficile proprio perchè stenta a crescere una cultura del rispetto dei paesaggi culturali.” spiegano gli esperti delle associazioni. “Inoltre continua ad essere dilagante la fobia verso i grandi alberi, soprattutto se sono pini, che vengono visti come una minaccia.” Entrambi i pini storici di Penne erano stati piantati nel periodo dell’Unità d’Italia, con un’età di 150 anni, dunque anche un pezzo di storia cancellato per sempre.
“Ogni essere vivente nasce, vive e muore. Il concetto di valore dei grandi alberi è legato primariamente alla loro importanza storica e paesaggistica su un territorio e al loro valore ecosistemico come grandi case per gli esseri viventi.” spiegano ancora gli esperti “Il principale nemico dei grandi alberi è l’uomo che nella maggioranza dei casi è incapace di curarli con le dovute attenzioni. Il problema sta nella scellerata azione di cementificazione sul territorio che ha ridotto lo spazio vitale dei grandi alberi, che ha portato a scavare e tranciare le radici o a distruggere le chiome con cattive potature. Che poi un albero debba morire sta nella natura, come anche gli umani muoiono. Ma questo non deve affatto giustificare un abbattimento distruggendo per sempre un paesaggio culturale, senza trovare nessuna soluzione alternativa all’eliminazione per mancanza di volontà e di soldi. Questo non è il modo di gestire i grandi pini in Italia, alberi che sono tra i principali simboli del paesaggio italiano.”
Il pino abbattuto – Foto di Alberto Colazilli
Anche se sarà impossibile recuperare l’antica bellezza degli alberi, le associazioni intendono proporre un immediato progetto di restauro del paesaggio culturale ed invitano il Comune di Penne a ripiatare subito due pini domestici nella stessa area in modo da ricreare col tempo una nuova visuale paesaggistica. Il progetto di restauro di paesaggio culturale può essere effettuato con le moderne tecnologie florovivaistiche, piantando anche esemplari importanti con apparati radicali già ben sviluppati e scegliendo il periodo più consono per la messa a dimora che va da Ottobre a Marzo. E’ l’unico modo per onorare la morte di questi due giganti verdi e per ridare valore al paesaggio pennese senza interrompere la memoria storica, anche se si dovrà aspettare altri 150 anni per rivederli maestosi.