Di fronte agli alberi bisogna essere umili e gentili
Trattare gli alberi come esseri viventi e non come oggetti d’arredo,
riscoprendo un rapporto sereno e positivo con la Natura.
Il maltempo dei giorni scorsi ci ha portato a riflettere tanto sul futuro del nostro paesaggio verdeggiante, sull’abusivismo e sulla cattiva gestione del verde in città. E’ chiaro che non si può discutere di prevenzione e restauro paesaggistico solo quando ci sono tanti morti e miliardi di euro di danni. In queste occasioni si parla tanto ma il più delle volte non si arriva mai a immediate soluzioni del problema.
Quattordici milioni di alberi sono caduti in tutta Italia, un dato allarmante che non va riferito esclusivamente alla tempesta eccezionale che ci ha colpiti. Le responsabilità sono soprattutto umane, di chi ha sempre visto gli alberi come oggetti e non come esseri viventi. Occorre ritornare alla giusta comunione tra albero e uomo, un rapporto che sembra essersi deteriorato, corrotto dall’ignoranza, dalla incompetenza e da una forte negatività verso il Creato. Gli alberi producono servizi ecosistemici fondamentali per la vita, sono creature che respirano, crescono, abbelliscono città e paesaggi. Purtroppo, si pensa all’albero come a qualcosa di bello ma immobile, ottimo per l’arredo urbano ma che va represso nelle città se da troppo fastidio. Mai lo si vede come creatura interconnessa con noi esseri umani e di cui non possiamo fare a meno.
I servizi ecosistemici degli alberi sono tutti gratuiti ma spesso vengono visti come qualcosa di banale. Gratuiti sono la produzione di ossigeno, la mitigazione dell’isola di calore, la capacità di captare e neutralizzare le polveri sottili. Gratuita è la capacità dell’albero di farci stare bene psicologicamente e di migliorare le nostre giornate. Potremmo definire l’albero come un’entità positiva e rigeneratrice per il nostro essere che è in grado di farci risparmiare molti soldi in cure sanitarie.
Viviamo in una società violentemente antropocentrica in cui gli altri esseri viventi sono soltanto una comparsa o un problema. L’uomo al centro di tutto, non in positivo come entità che migliora il cosmo, ma come un parassita che sfrutta la Madre Natura per i suoi scopi di conquista e dominio. Ecco perchè gli alberi cadono e la Natura si ribella e ci uccide. Accanto agli aspetti tecnici legati alla sicurezza deve tornare l’aspetto scientifico, filosofico e umanistico del rispetto e della comunione con gli alberi. Stiamo parlando della ricostruzione di un sentimento profondo, di una visione rinnovata e positiva verso le meraviglie naturali.
Ormai è riduttivo pensare al bosco come semplice realtà di sfruttamento o all’albero in città solo come elemento estetico. Il bosco non è solo bacino di sfruttamento del legname, è anche luogo di conservazione della natura, ricerca scientifica, turismo naturalistico e contemplazione. Bisogna saper distinguere tra i boschi ad alto valore scientifico-naturalistico e quelli che nascono e si evolvono come una coltivazione da legname. E’ antiscientifico trasformare tutti i boschi italiani in una sola grande risorsa per la filiera del legno. Il giusto rapporto di comunione con il bosco ci deve portare verso la tutela della biodiversità e azioni di miglioramento del paesaggio. Per combattere la CO2 bisogna preservare le foreste e piantare sempre più alberi. Essi sono l’unico strumento, oltretutto gratuito, per frenare i cambiamenti climatici. Boschi maturi e ricchi di biodiversità, lontani da azioni incisive di antropizzazione sono molto più resistenti rispetto a boschi coltivati e antropizzati per produrre legname. Occorre lavorare sul buon senso e far capire che un bosco ricco di varietà arboree e arbustive non è un luogo abbandonato ma un qualcosa di vivente che si evolve verso stadi maturi con maggiore capacità resiliente. E’ giusto preservare anche quei boschi altamente culturali che sono sostentamento di intere comunità e che si sono tramandati per generazioni di famiglie rispettose del paesaggio. La vera minaccia sta nelle biomasse industriali che vogliono trasformare i nostri boschi in luoghi di sfruttamento intensivo. Il dissesto idrogeologico parte proprio dalla incapacità di valorizzare il territorio e si genera dalla lenta distruzione delle bellezze naturali.
Nelle nostre città gli alberi sono stati torturati per decenni, lasciati in condizioni di degrado e abbandono, colpiti da scavi alle radici, capitozzature e sottoposti a qualsiasi tipo di violenza. Alberi eroici che sopravvivono alla follia degli uomini. In città gli alberi si trovano in ambienti ostili dove difficilmente possono vivere serenamente e proprio per questo devono essere curati e seguiti maggiormente che in campagna o in un bosco. La scarsità di acqua, il poco terreno, i suoli poco profondi e impermeabilizzati, il cemento selvaggio, la pessima progettazione del verde, tutto questo provoca problemi gravi ai nostri alberi.
In città occorre ripensare il paesaggio urbano, progettare nel rispetto degli esemplari arborei, adattarsi all’albero e alle sue funzioni, smetterla di mettere al primo posto il cemento. E’ una questione prettamente culturale. E’ necessario promuovere una moderna e lungimirante visione della metropoli contemporanea in cui l’albero diventi il protagonista assoluto, protettore dei cittadini. Se gli alberi cadono è perchè qualcuno li ha torturati e violentati. E siccome le violenze sono continue è necessario punire severamente chi le compie.
L’educazione ambientale è importantissima per insegnare ai ragazzi ed anche agli adulti che l’albero è vita e che il paesaggio italiano è la nostra più grande ricchezza. Basta con questo attacco folle verso alcune specie arboree ritenute erroneamente pericolose, tutte affermazioni antiscientifiche che mirano a cancellare completamente interi paesaggi culturali in nome dell’alberofobia. Non esistono alberi pericolosi, esistono uomini pericolosi e incapaci. Il paesaggio urbano ha bisogno di menti positive e figure altamente professionali competenti nel settore. Basta anche con questa negatività e pessima comunicazione che impedisce salti di qualità per il miglioramento degli spazi urbani. Piantare nuovi alberi significa curarli e non lasciarli nel più completo abbandono. Non abbiamo bisogno di numeri, è necessaria la qualità del lavoro svolto.
Conosciamo pochissimo questi giganti buoni e verdeggianti, simboli della Terra e custodi di ricordi. Manca l’umiltà di metterci in discussione di fronte ad essi, smettendo di fare i prepotenti ossessionati dal potere e dal dominio incontrastato. Davanti a milioni di alberi caduti dobbiamo solo chiedere scusa a testa china e fare un passo indietro. L’alberofobia nasce dalla incapacità di vivere serenamente la nostra dimensione naturalistica, dalle nostre insicurezze, dalla mancanza di soluzioni e dall’ignoranza. Solo l’educazione alla bellezza e la corretta comunicazione mediatica possono combattere questa aberrazione. E’ necessario smetterla con gli alberi killer, una squallida invenzione scaturita da leggende metropolitane e luoghi comuni. La gentilezza e l’umiltà sono virtù fondamentali verso gli alberi. Impariamo ad essere gentili con queste creature che ogni giorno ci migliorano l’esistenza.
Alberto Colazilli
Esperto di paesaggio e curatore di parchi e giardini
Presidente Coordinamento Nazionale Alberi e Paesaggio
Gentile Alberto Colazilli , vorrei complimentarmi per la sua competenza e professionalita’. In tutto il territorio nazionale e’ fondamentale e urgente una sensibilizzazione profonda sulla tutela ambientale e del paesaggio. Occorre una coraggiosa svolta ambientalista, che rimetta al centro la Natura come soggetto …Contrastare con tutte le forze la voracita’ onnivora della speculazione edilizia che divora il suolo.